Le grandi aziende, cominciando da quelle che si rivolgono al consumatore finale, hanno da tempo rivolto attenzione al tema della sostenibilità, e intrapreso iniziative per migliorare l’impatto. Questo fenomeno ha avuto una accelerazione negli ultimi mesi.
Lo stesso non può certo dirsi per le PMI, che costituiscono ben il 92% delle aziende attive in Italia. Come mai.
I motivi possono essere trovati tra i seguenti:
- la PMI spesso non corrisponde a un brand conosciuto dal consumatore finale, quindi non sta già toccando con mano il problema della reputazione attraverso i social, e non percepisce il tema come prioritario
- la PMI spesso non ha internamente risorse umane con adeguata professionalità cui delegare i processi necessari per ottenere cambiamenti in ottica di sviluppo sostenibile, e l’imprenditore di solito ha altre priorità
- la PMI spesso non dedica adeguate risorse di tempo e economiche all’acquisizione di conoscenze, mentre le conoscenze e in generale l’apprendimento sono fondamentali per sostenere i necessari cambiamenti strategici e operativi (vedi indagine 2019 dell’Osservatorio Statistico dei Consulenti del Lavoro sulla formazione nelle micro e piccolissime imprese)
Ma, come detto, le PMI costituiscono il 92% delle aziende italiane, che impiegano l’82% dei lavoratori (fonte: Prometeia, dati relativi al 2017). L’esclusione di questa parte del tessuto economico e umano italiano dal processo di transizione verso la sostenibilità è una questione che richiede assolutamente risposte.
Una risposta può venire dal Consorzio ecoVprint.